Sclerosi Multipla: scoperte cellule che la causano

All’Università di Zurigo, il ricercatore italiano Edoardo Galli ha guidato lo studio che ha portato alla scoperta delle cellule che fanno sviluppare la Sclerosi Multipla.

Le cellule identificate si trovano nel sangue e si chiamano “T Helper“; dal sangue passano al sistema nervoso centrale e causano l’infiammazione e i danni neuronali che portano poi alla Sclerosi Multipla.

Le “T Helper” sono cellule del sistema immunitario che in futuro potranno essere utili per una diagnosi non invasiva della malattia.

La scoperta: cosa sono e come agiscono le cellule T

Questa importante scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature Medicine e Edoardo Galli spiega: “Abbiamo voluto cercare di identificare le impronte digitali delle cellule che causano questa malattia, trovando le differenze nel sistema immunitario. Con una tecnica che permette di misurare i dati di milioni di cellule, combinata con l’intelligenza artificiale, i ricercatori hanno analizzato i campioni di sangue di un centinaio di individui malati e di altrettanti sani o con altre malattie immunitarie.

In questo modo sono state identifivate le cellule “T” che, come descrive Galli, sono specifiche cellule che fanno parte della “famiglia” dei globuli bianchi e che in condizioni normali ci proteggono dalle infiammazioni.

Nelle malattie autoimmuni invece, le cellule “T” invadono ed attaccano parti del corpo, perché sono capaci di migrare dal sangue al sistema nervoso centrale, dove rilasciano sostanze che innescano l’infiammazione.

Queste particolari cellule sono presenti in quantità molto elevate nelle persone con Sclerosi Multipla e sono state identificate anche nel liquido del sistema nervoso centrale (liquor) e nelle lesioni cerebrali. Al contrario, sono presenti in quantità ridotte nei pazienti già trattati con i farmaci per la Sclerosi Multipla.

Galli conclude che: “Anche se serviranno ulteriori studi per confermare che queste cellule siano il ‘motore’ della malattia potranno essere usate come marcatore della malattia, per fare una diagnosi della malattia dal sangue, dunque molto meno invasiva di quanto avviene ora”.

(Fonte: ansa.it)
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