Persone che non cambiano idea

Persone che non cambiano mai idea: c’è una spiegazione psicologica e neurologica. Lo possiamo notare spesso che cambiare idea non è facile. Poi ci sono persone che hanno più difficoltà di altre ad accettare opinioni diverse dalle proprie. Secondo diversi studi ci sono vari fattori che influenzano la nostra presa di posizione.

Le nostre idee ci rappresentano

Innanzitutto le nostre idee rappresentano l’idea che ci siamo fatti di noi stessi e l’immagine che vogliamo mantenere. La psicologia chiama “pregiudizio di conferma” il meccanismo cognitivo che ci predispone a dare credito alle informazioni che confermano le nostre idee, mentre siamo portati a svalutare, ignorare e svilire tutto ciò che va in contrasto con le nostre opinioni. A spiegare questo meccanismo è stato lo psicologo inglese Peter Wason, che ha mostrato come la gente tende a scartare le informazioni che contraddicono le loro scelte e i loro giudizi pregressi.

Cambiare opinione mina la nostra sicurezza

Prendere in considerazione le opinioni opposte alle nostre, richiede uno sforzo energetico e mina le nostre certezze. E’ così che si ha la naturale propensione a scegliere solo quelle informazioni che assecondano quello che pensiamo e che rispecchiano le nostre idee.

In poche parole, consideriamo attendibili solo le informazioni che ci fanno “comodo” e questa è considerata una “scorciatoia mentale”. Ad esempio, in uno studio dell’Università del Minnesota si è dimostrato che anche le domande che si rivolgono ad una persona sono influenzate dal preconcetto che ci si è fatti sulla stessa.

Un’altra scorciatoia è definita “esposizione selettiva“, cioè la scelta di recepire informazioni solo da fonti che non contrastino con le proprie idee. Si sceglie di ascoltare le notizie sempre da quei canali e trasmissioni che la pensano come noi, così da rinforzare i nostri concetti su ciò che è valido e ciò che non lo è. Si escludono in questo modo i punti di vista differenti ignorandoli con scelte che li filtrano.

Questo atteggiamento può nuocere gravemente nel caso di scelte in ambiti professionali: un medico che esclude tutte le informazioni che non convalidano la sua ipotesi di diagnosi, un politico che non tiene conto di dati concreti per proporre una legge, ecc…

Che cos’è il bias di conferma

Il bias di conferma è la tendenza a cercare dati che possano confermare le nostre convinzioni, invece di cercare dati che potrebbero sfidare tali convinzioni. Il pregiudizio degrada i nostri giudizi quando le nostre convinzioni iniziali sono sbagliate perché potremmo non riuscire a scoprire cosa sta realmente accadendo fino a quando non sarà troppo tardi.

Persino quando le informazioni sono concrete, la mente trova una scorciatoia per deviare i dati a proprio favore. Una ricerca svolta alla Stanford University ha sottoposto ad un numero di studenti due falsi studi, di cui uno a favore della pena capitale e l’altro contrario. Chi era già di opinione favorevole alla pena di morte, ha valutato i dati dello studio che smentiva quella idea come poco attendibile e viceversa.

Anche nei casi degli stereotipi si attuano gli stessi meccanismi. Se una persona che appartiene ad una categoria verso cui si hanno pregiudizi, non mostra determinati tratti stereotipati, si giustifica come “l’eccezione che conferma la regola“, anziché mettere in discussione lo stereotipo.

La mente è pigra

Nel cervello c’è una regione della corteccia prefrontale mediale posteriore (pMFC) che secondo le neuroscienze, contribuisce al bias di conferma. In uno studio pubblicato su Nature Neuroscience si è visto che il pMFC è meno attivo e sensibilizzato verso le opinioni altrui che contrastano con le proprie convinzioni.

Si tratterebbe di una pigrizia della mente che davanti ad un’idea diversa dalla propria si “disattiva”, ostacolandone l’acquisizione. Ciò accadrebbe perché la corteccia prefrontale mediale posteriore, coinvolta nei processi decisionali, riduce la sua attività quando si trova di fronte ad un’informazione diversa da quella già acquisita. Al contrario, aumenta la sua attività se è a confronto con informazioni che rafforzano la posizione precostituita.

Questo processo è stato osservato tramite risonanza magnetica funzionale dai ricercatori della City University di Londra e dell’University College London.

Perché restiamo bloccati nelle nostre opinioni?

C’è un’altra spiegazione che ci indica i meccanismi che ci tengono bloccati nelle nostre opinioni ed è definita “fissazione“.

“Il concetto di fissazione è che rimaniamo bloccati su una spiegazione iniziale. Spesso, quella spiegazione iniziale sarà accurata, ma quando è sbagliata, con il senno di poi possiamo vedere che l’abbiamo tenuta troppo a lungo.

Ma gli errori di fissazione non si limitano a trattenere troppo a lungo la nostra spiegazione iniziale: la fissazione si aggrava quando scartiamo qualsiasi prova anomala che va contro la nostra diagnosi originale invece di prendere in considerazione queste anomalie e rivedere le nostre convinzioniDeKeyser e Woods (1990) hanno ipotizzato alcuni modi in cui funziona la fissazione e Feltovich et al. (2001) hanno chiamato queste tattiche “scudi della conoscenza” che usiamo per deviare i dati contrari.”

Chinn e Brewer (1993) hanno elencato sei modi fondamentali in cui possono operare gli schermi della conoscenza, modi in cui possiamo reagire a dati anomali che sono incoerenti con le nostre convinzioni:

    • (i) possiamo ignorare i dati; 
    • (ii) possiamo rifiutare i dati trovando qualche difetto o debolezza nel modo in cui i dati sono stati raccolti o analizzati o anche ipotizzare che i dati riflettessero un evento casuale;
    • (iii) possiamo decidere che i dati non si applicano realmente al fenomeno di interesse;
    • (iv) possiamo mettere da parte i dati per il presente nell’aspettativa che gli sviluppi futuri mostreranno perché l’anomalia non è realmente un problema;
    • (v) possiamo trovare un modo per interpretare i dati che ci permetta di preservare le nostre convinzioni;
    • (vi) possiamo apportare modifiche estetiche alle nostre convinzioni e ingannarci pensando di aver preso in considerazione i dati. 

Chinn e Brewer hanno scoperto che gli studenti universitari hanno mostrato ognuna di queste tattiche e così anche gli scienziati affermati. Chinn e Brewer hanno anche elencato un settimo tipo di reazione: possiamo accettare i dati e modificare o scartare le nostre convinzioni iniziali.

Alcuni potrebbero obiettare che la fissazione non è un tipo di errore. Piuttosto, è solo il caso estremo di preservare il nostro inquadramento iniziale; cercare di preservarei il nostro inquadramento iniziale è una tendenza utile. Non è infatti realistico continuare a ripensare a tutto ogni volta che incontriamo qualche possibile diversità-anomalia. La fissazione può sembrare un errore perché col senno di poi, dopo aver conosciuto la diagnosi corretta, possiamo determinare che siamo andati troppo oltre nel preservare le nostre convinzioni iniziali.

Ma in un altro senso la fissazione sembra un errore perché non stiamo cercando di testare la nostra diagnosi quando incontriamo prove contrarie che non dovrebbero essere ignorate o scartate e non siamo consapevoli di altre possibilità. È difficile dire quando i nostri sforzi per preservare la nostra idea iniziale sfumano nella fissazione, ma penso che possiamo generalmente concordare sul fatto che c’è un punto in cui le anomalie sono così frequenti e gravi che una persona ragionevole non dovrebbe più respingerle. (Tratto da Escaping from Fixation Gary Klein)

(Approfondimenti: 
The Curious Case of Confirmation Bias; 

Neuroscience: The formation of confirmation bias in the brain)

 

 

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