Geni mutati aumentano rischio Coronavirus

Un primo studio sul DNA di 130 pazienti con Coronavirus ha riscontrato una media di tre geni mutati che sembrano essere possibile causa di un aumento del rischio di complicazioni dovute al Covid-19 su organi o apparati.

Lo studio italiano continuerà ad essere approfondito con l’analisi del DNA di 2000 persone entro l’estate con la collaborazione fra l’Università di Siena e 35 ospedali.

Fattori ereditari e Coronavirus: quanto incidono sulla gravità della malattia?

La scoperta dei 3 geni si è avuta grazie all’intelligenza artificiale che con particolari algoritmi ha individuato le differenze genetiche.

La dott.ssa Alessandra Renieri, professore all’Università di Siena e direttore dell’Unità di genetica medica all’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, spiega “Abbiamo usato un approccio completamente nuovo che valuta il singolo paziente: così sarà più facile trovare terapie personalizzate contro Covid-19”, – e conclude rassicurando che: “Di questi geni alcuni sono già bersaglio di farmaci attualmente disponibili sul mercato che potrebbero avere una nuova indicazione contro Covid”.

Intanto questi primi risultati ricavati dai 130 pazienti sono stati presentati alla Conferenza della Società europea di genetica umana.

Ciò che ha portato a condurre questo maxi-studio è stata l’osservazione dell’estrema diversità di comportamento del Covid-19: come si è infatti visto in questi mesi, mentre alcune persone infettate dal virus sono del tutto asintomatiche, altre hanno solo leggeri sintomi influenzali ed altre ancora complicanze ben più gravi fino addirittura alla morte.

Come ha riferito la dott.ssa Renieri, sin da subito si è pensato che a fare la differenza fosse proprio la genetica dei singoli pazienti e poi la conferma è arrivata anche da diversi altri studi che hanno dimostrato che la gravità della malattia dipende al 50% da fattori ereditari.

Però, con i primi studi genetici che mettevano a confronto il DNA di persone sane con quello di persone malate di Covid-19, si sono avuti risultati deludenti ed è per questo che si è cambiato il metodo di indagine.

La dott.ssa Renieri spiega: “Abbiamo quindi deciso di cambiare metodo, provando a valutare ogni paziente come un caso a sé, proprio come facciamo da anni nello studio delle malattie genetiche rare. Abbiamo scomposto la Covid nei vari organi che colpisce, valutando se nel singolo paziente fosse grave o lieve dal punto di vista polmonare, epatico, cardiovascolare e così via. Poi abbiamo esaminato il Dna: ogni individuo presenta oltre 50.000 varianti genetiche, e per semplificarne lo studio abbiamo deciso di valutare le varianti più significative analizzandole secondo un sistema binario, proprio come fanno i computer: il gene vale 0 se è intatto, vale 1 se è alterato”.

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