Perchè si crede ai complotti

Le teorie sui complotti in qualche modo coinvolgono tutti, perché a ben guardare, se non si crede ad una teoria si può dare credito ad un’altra, a seconda che questa rispecchi un nostro modo di pensare.

Il ricercatore americano Joseph Uscinski dell’Università di Miami, sostiene proprio questo e cioè che tutte le persone credono ad almeno una teoria di complotto. Anche il sociologo Asbjørn Dyrendal, professore del Dipartimento di Filosofia e Studi Religiosi della NTNU, la pensa così, ma la sua visione è più attenuata e per lui “Tutti ci credono un po’“.

Le affermazioni sono frutto di studi sociologici che hanno dimostrato che il complottismo fa parte della natura umana.

Qual’è la causa del complottismo?

Alla base del complottismo c’è l’incertezza, difatti secondo Dyrendal, l’elaborazione di trame cospirazioniste sono scatenate da situazioni di paura e insicurezza che creano ansia per il futuro.

La parte emotiva dell’essere umano è la più difficile da armonizzare e controllare; quando le emozioni prendono il sopravvento sulla razionalità, e viene minata la sicurezza della nostra identità, si diventa più vulnerabili e facili prede delle teorie complottiste.

Qualche esempio di vulnerabilità ai complotti

Ognuno crede di non essere vittima di simili teorie infondate ed è vero che chi ha una mente più scientifica e logica, scarta a priori ciò che sembra improbabile e non dimostrabile. Eppure, se ci analizziamo, tutti siamo caduti nella trappola dei complotti…

Nell’articolo del Norwegian SciTech News viene fatto qualche esempio concreto, in cui senza accorgersene una persona può essere incline a credere alle cospirazioni. Se dunque sei sicuro di non dare credibilità a certe assurde teorie, come quelle del terrapiattismo o della simulazione degli sbarchi sulla luna, non puoi essere altrettanto sicuro di non aver mai pensato male quando l’arbitro punisce la tua squadra di calcio.

“Forse pensi che l’arbitro voglia far perdere la tua squadra di calcio, soprattutto quando uno dei giocatori della tua squadra subisce un fallo in area di rigore e non viene chiamato nessun rigore”, dice Dyrendal.

Insomma, sarai portato a credere che molti arbitri stiano contro la tua squadra, specialmente se riesci a vedere uno schema in certe azioni o avvenimenti (come quando la tua squadra non riceve mai o quasi mai un calcio di rigore).

Per il sociologo norvegese in queste situazioni a noi molto familiari, si attivano gli stessi meccanismi mentali che fanno costruire cospirazioni più elaborate ed estreme, partendo da idee personali che si radicano in noi.

Ciò accade perché siamo tutti più inclini a credere in ciò che pensiamo sia giusto, specialmente quando è in gioco la nostra identità e le emozioni sono forti. 

E’ chiaro che l’esempio dei pensieri sull’arbitro non sono la stessa cosa di una teoria di complotto, perché per ogni persona c’è un grado diverso del suo “essere complottista“.

Psicologia e tratti comuni del complottista

Dyrendal nel 2016 ha sottoposto 883 studenti norvegesi ad un questionario in cui gli si chiedeva di esprimere le loro opinioni su vari temi, dal paranormale al nazionalismo estremista.

Lo scopo dello studio era di identificare comportamenti e caratteristiche psicologiche che potessero essere considerati precursori del cospirazionismo. Fra questi tratti c’era il disturbo schizotipico della personalità (si manifesta con distorsioni cognitive, eccentricità nei comportamenti ecc.), l’autoritarismo di estrema destra, la dominanza sociale, il credere nei fenomeni paranormali.

Dall’analisi il team di ricercatori comprese che non era un singolo tratto a poter creare l’identikit del cospirazionista, ma una combinazione di caratteristiche psicologiche.

In questo caso il disturbo schizotipico, che include anche la paranoia e l’ansia sociale, è da potersi ritenere come il precursore primario del comportamento cospirazionista. 

Ma, questo tipo di personalità può essere amplificata se combinata con la dominanza sociale, cioè individui che sono convinti che la società debba essere dominata da alcuni gruppi a svantaggio di altri. Con tale configurazione psicologica un individuo è più portato a credere alle teorie complottiste.

Inoltre sembra il cospirazionismo interessi più gli uomini che le donne.

Da ultimo e da non sottovalutare, incide l’impatto dei social media sulla diffusione delle teorie del complotto.

In ogni caso Dyrendal asserisce che molte caratteristiche comuni ricorrono spesso” nelle persone.

Tratti comuni dei complottisti

I teorici della cospirazione in genere:

  • tendono ad avere un po’ meno istruzione;
  • più spesso vivono in società che hanno democrazie meno riuscite, il che influenza la fiducia negli altri e nelle autorità;
  • appartengono a gruppi che ritengono di dover avere più potere e influenza;
  • appartengono a organizzazioni politiche o gruppi religiosi speciali un po’ più spesso;
  • più spesso usano l’intuizione – il loro “istinto” – quando prendono decisioni;
  • vedono le connessioni più spesso della maggior parte delle persone, anche dove tali connessioni non esistono, ed è più probabile che vedano l’intenzione come la causa degli eventi;
  • sono un po’ più narcisisti e paranoici di altri;
  • più spesso ottengono le loro informazioni dai social media.
(Fonti bibliografiche: Focus.it; Which conspiracy theory do you believe in?)
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